L'OrcheStrana di Domodossola
    La suite "Urkesh oltre Urkesh"

    Enzo Sartori

OrcheStrana in azione

     Nel corso dell’anno scolastico 2016/2017, nell’ambito dei laboratori affidati a ciascun docente, avevo fatto nascere un gruppetto che si dedicasse alla creazione di musiche originali composte dai ragazzi, legate a una rappresentazione teatrale della scuola su Dante e l’inferno della Divina Commedia.
     L’ensemble, inizialmente di 11 elementi (percussioni, flauti, chitarre, violoncello, clarinetti, flauti, basso elettrico, tastiere), si è dato col tempo il nome di OrcheStrana, proprio per evidenziare questa particolarità: le musiche sono create dai ragazzi senza che le note vengano scritte su carta. Volevo infatti mantenere negli studenti un approccio attivo e vivo con la musica, a cavallo tra improvvisazione e composizione, senza cadere nella dinamica del seguire uno spartito fisso; troppo spesso in questo modo si scivola involontariamente in un atteggiamento passivo nel quale pensieri come “ho suonato la nota giusta”, o “ho sbagliato”, la fanno da padrone.
     Ma l’arte può dare di più a chi le si avvicina. OrcheStrana è diventato così un laboratorio che ha saputo accogliere nelle prove e nelle esibizioni ragazzi disabili, stranieri, che hanno trovato uno spazio per poter fare musica con coetanei partendo da quello che potevano dare, strumentalmente e umanamente. Non sono stati scelti “i più bravi”. OrcheStrana ha chiuso il suo primo anno di vita con due bellissimi spettacoli teatrali con musica dal vivo.

Il progetto “musica”

     Quest’anno (2017/2018) un’intera classe ha chiesto di fare parte dell’OrcheStrana. Operazione non semplice da gestire con un gruppo di 24 studenti, proprio per il carattere di dialogo aperto e creativo sulla musica che si sta di volta in volta cercando e creando.
     Abbiamo preso come tema i pannelli e il contenuto della mostra "I millenni per l'oggi", peraltro anch’esso in evoluzione, e ci siamo dati una regola chiara ma fondamentale: ognuno doveva dare un proprio contributo ai brani che avremmo costruito, fosse solo una nota, una dinamica, un piccolo tema. Il brano si poteva concludere solo quando tutti avessero aggiunto quello che potevano dare.
     Il risultato del percorso è commovente. All’ascolto della suite, composta da 4 brani, rivedo i volti di ciascun ragazzo: il tema di Luca delle chitarre, il tema di Isabella, il tema di Riccardo, i suoni del clarinetto di Jason, l’esplosione di Gaia. Questo setting ha creato un’attrazione interna positiva e non si sono mai avuti problemi né di disciplina né di gestione dei tempi.
     Alla fine, grazie alla disponibilità e alle attrezzature semiprofessionali del collega Antonio Manti di educazione musicale, i ragazzi hanno registrato il frutto del proprio comporre: era un pomeriggio di giugno, a scuola finita e prima degli esami, nella grande aula Magna dove era iniziato tutto con il primo incontro a ottobre. Sono stati splendidi: ordinati, motivati, con la divisa rossa del corso musicale.

La suite “Urkesh oltre Urkesh”

     Ma cosa hanno pensato di creare questi ragazzi?
     Descrivere a parole una musica è difficile: si rischia di definirla, togliendone significati e dandone comunque una visione soggettiva. Cercherò quindi di essere chiaro ma aperto, con una premessa: i versi della poesia che apre la mostra, parlano di un ritorno, di un voler tornare a casa. A questo credo si siano ispirati i ragazzi, più o meno coscientemente.
     Il primo brano, Due mondi, inizia con una sonorità molto “occidentale”, con percussioni, tema ritmico orecchiabile e un “solo” del basso elettrico. Siamo noi, siamo qui e spensierati. Ecco però che giunge il tema di Isabella, piccolo frammento che si inserisce in sordina, e che sa invece ribaltare la situazione. In pochi istanti ci troviamo in un altro ambiente, molto più “orientale”, con movenze sinuose e una delicatezza più femminile.
     Il secondo brano, Explosion, porta con sé un dramma: da un frammento musicale inizia un dialogo impossibile, distorto; una guerra, un annientamento che culmina con una grande e scura esplosione. Per i ragazzi questo brano è molto toccante.
     Dal silenzio che segue si odono, però, nascere pian piano degli altri rumori: rumori di passi, suoni indistinti che diventano distinti, seppur in lingue diverse: “amicizia”, “pace”, vengono recitate in molte lingue da tutti i continenti (New life). Si crea una nuova esplosione, pulita, che cerca di bilanciare quella, orribile, precedente.
     L’ultimo brano, Verso Casa, inizia con un ritmo di body percussion: tutta l’orchestra partecipa a questa sovrapposizione di ritmi, sulla quale ritornano due strumenti iniziali: sono il basso elettrico, e la batteria. Strumenti occidentali per tradizione, che suonano però insieme con un colore nuovo, che sembra voler e saper unire due anime diverse dei due mondi. Il tema di Edoardo con Anthony alla batteria salutano questo ritorno a casa, che, come in ogni storia, ci ha un po’ cambiati e fatto crescere.